Le notizie circa le origini di Tursi sono molto scarse. Dagli storici locali, Tursi si ritiene fondata dei Goti intorno al V secolo A.D che avrebbero costruito un Castello sulla collina ove è sorta la Rabatana. Attorno al Castello si avrà la fondazione del primo nucleo cittadino. Nella prima metà del IX secolo I Saraceni condussero una serie di attacchi sia alla Sicilia che nel Mezzogiorno d’Italia. Nel 827 cominciarono la conquista della Sicilia e a Bari instaurarono un emirato tra l’847 e l’871. La vicina Pomarico (Castro Cicurio) fu distrutta e durante le loro incursioni nella Piana Metapontina si addentrarono nel territorio dell’entroterra tenuto da Longobardi e Bizantini.
Intorno all’850, i Saraceni riuscìrono a penetrare nel Metapontino e occuparono Tursi che a quel tempo era limitato alla zona, già abitata, intorno al castello. Gli arabi abitarono il nascente borgo e lo ingrandirono. La loro impronta è presente nel dialetto, negli usi e costumi e nelle case della Rabatana. Durante la breve permanenza dei Saraceni il borgo prese consistenza e fu denominato Rabatana a ricordo del loro borgo arabo (Rabhàdi).
I Saraceni hanno lasciato profonde tracce nella Rabatana ma non ne furono i costruttori. Dopo la caduta di Bari (871) nel vuoto di potere lasciato dai principi longobardi di Salerno, i Bizantini lanciarono una serie di offensive volte alla riconquista dei territori perduti nelle mani dei Longobardi, sconfissero i Saraceni e rioccuparono il "borgo Saraceno”.
Sotto i Bizantini lo sviluppo demografico ed edilizio fu notevole e l’abitato si estese verso valle, assumendo il nome di TURSIKON, da Turcico suo fondatore. Nel 968 Tursi divenne sede di Diocesi con Cattedra Vescovile presso la Chiesa della Rabatana e Capoluogo del Thema di Lucania, unità amministrativa bizantina affiancata alle a Longobardia (Puglia) e Bruzio (Calabria). I Bizantini intendevano espandere il Thema di Lucania includendo anche il Cilento (provincia di Salerno) ma con l’arrivo dei Normanni (1041) l’offensiva si arrestò e da allora il Cilento (Lucania Occidentale) e la Basilicata (dal nome Basiliskos, titolo del governatore bizantino - Lucania Orientale) hanno seguito un destino differente.
La Rabatana è letteralmente circondata per ogni lato da profondi e inaccessibili burroni che costituiscono il fantastico mondo delle 'Jaramme' di Albino Pierro. È stato il primo nucleo abitativo di Tursi. Con l’occupazione saracena, a ricordo dei loro villaggi arabi, i Saraceni denominarono il luogo Rabatana, da Rabat o Rabhàdi o Arabum tana. La Rabatana, per l’ottima posizione di difesa, così come Pietrapertosa nell’interno della Basilicata, costituiva un’ottima base da cui lanciarsi nelle razzie e cattura di schiavi da rivendere nel Maghreb e continuò ad ingrandirsi anche dopo l’890 anno in cui i Bizantini cacciarono i Saraceni. Fino alla metà del secolo scorso è stato un centro popolato e importante, custode di tradizioni e propulsore di cultura. Nella Rabatana si possono ripercorrere le stradine dei ruderi del nucleo primordiale e visitare quel che resta delle umili abitazioni, spesso di un solo vano a pianterreno. La gradinata che porta in Rabatana, è un’ampia e ripida strada che si estende sui burroni per oltre 200 metri di lunghezza. La "petrizze", così viene detta in dialetto, poggia su un costone di timpa e all’origine era un selciato a gradini di pietre calcari. Carlo Doria, nipote di Andrea Doria, signore di Tursi, nel 1600 la fece costruire a sue spese al posto di un pericoloso viottolo, con lo stesso numero di gradini di un suo Palazzo a Genova che in seguito denominò ‘Palazzo Tursi’.
Piccicarello, spicca inconfondibile alla base del castello, nei pressi della "petrizze" che conduce alla Rabatana. È costituito da un lembo di terra che dalla "timpa" del Castello si protende verso mezzogiorno. La timpa sporge sul fosso di San Francesco. È circondato da paurosi precipizi. Nei tempi antichi consentiva la coltivazione di ortaggi e frutti vari. Il nome deriva dal proprietario del terreno Francesco Donnaperna detto "Ciccarello".
La Chiesa di Santa Maria Maggiore in Rabatana, risale al X - XI secolo. Nel corso dei secoli la Chiesa ha subito diversi interventi tanto da perdere il suo originario stile. Nella prima metà del secolo XVIII è stata rifatta in stile barocco, conservando soltanto la facciata quattrocentesca. L’interno è a tre navate con soffitto a cassettoni e un transetto che non oltrepassa le navatelle laterali. Sopra la porta d’ingresso principale un affresco raffigura la strage biblica di Sennacherib. In alto, sulle pareti laterali, sono raffigurati gli evangelisti San Luca e San Marco. La Cripta, del VII-VIII secolo, nel 968 ha ospitato la Cattedra Vescovile della Diocesi di Tursi in quanto era l’unica chiesa esistente Tursi.
Da Piazza Maria SS. di Anglona, a 346 metri di altezza, si scorgono i resti dell’antico castello gotico. Alcune parti del castello e i cunicoli sotterranei sono rimasti intatti a sfidare il tempo fino all'inizio del novecento. Fu costruito dai Goti, nel V sec. d.C., per difesa del territorio. I recenti scavi nei pressi del castello hanno messo alla luce scheletri, tombe, monete, frammenti di anfore e palle ogivali di piombo recanti la scritte ΕΥΗΞΙΔΑ (greca) e APNIA (latina), usate, probabilmente, come proiettili lanciate con la fionda a difesa della fortezza. Da atti del 1553, tra la Città di Tursi e il Marchese Galeazzo Pinelli, si rileva che il Castello era abitato fino al XVI secolo. Era costituito da due piani e due torri. Alcune stampe lo riportano di forma quadrangolare con torri nei quattro angoli. Il Nigro afferma che il Castello aveva una superficie di oltre 500 m2, misurando 200 palmi di larghezza e 400 palmi di lunghezza, e dentro le mura di cinta erano compresi un giardino, cantine, cisterne e comode abitazioni per i baroni. L’ingresso era regolato da un ponte levatoio. Dimora di signori, principi e marchesi, durante i periodi di guerra diventava una fortezza. Per tradizione si crede all’esistenza di un cunicolo tra la chiesa della Rabatana e il Castello che nei tempi antichi consentiva ai Signori di recarsi indisturbati in Chiesa.
E' uno dei Santuari mariani più antichi della Basilicata. Il Santuario dedicato alla Natività della Vergine Maria, comunemente detta "Madonna di Anglona", costruito tra l'XI e il XII secolo in pietra tufacea di stile misto gotico e romanico, è monumento nazionale dal 1931 ed elevata a Basilica Minore da S.S. Papa Giovanni Paolo II nel 1999.
E' situato su di un colle alto 263 m. sul mare da cui dista 13 km. Il sito e' conosciuto fin dai tempi ellenici perché vi sorgeva Pandosia, capitale degli Enotri. Le notizie storico-letterarie sono state confermate dai ritrovamenti archeologici, soprattutto dalla necropoli rinvenuta negli anni 1977-1978, che data all'VIII sec. a.C.
Nel suo territorio avvenne lo scontro tra le legioni romane, guidate dal Console Levino, e le truppe di Pirro, re dell'Epiro, venuto in Italia in soccorso dei Tarantini. Nel fiume Agri, invece, che bagna il suo territorio, sembra che trovò la morte Alessandro il Molosso, zio del famoso Alessandro Magno.
Nel XIV secolo, un periodo già funestato dalla peste nera, il regno di Napoli passò per problemi dinastici e guerre tra i vari esponenti della casata d'Angiò. Una centuria facinorosa di soldati incendiò Anglona, distruggendo il centro abitato completamente e risparmiandone soltanto la Cattedrale.
L’attuale struttura della Cattedrale di Anglona, viene datata tra l'XI ed il sec. XII e costituisce l’ampliamento di una prima chiesetta, risalente al VII-VIII sec., che corrisponde all’odierna cappella oratorio.
Di questo sobrio Santuario, oltre al ciclo degli affreschi risalenti al periodo della costruzione e ad altri del XV secolo, sono da ricordare il campanile quadrangolare con bifore a doppia colonnina, l'abside semicircolare con archetti pensili ed il magnifico portale sormontato con figure di volti umani, i simboli dei quattro evangelisti con al centro l'Agnello e ai lati le figure dei Santi Pietro e Paolo.
La costruzione, in tufo e travertino, presenta elementi architettonici di notevole importanza. L’esterno absidale è la parte più cromatica e più bella di tutto il monumento, si ammirano ornamenti ad intagli, lesene, archetti pensili, mensole ed un finestrone centrale adornato di colonnine. Sulle pareti esterne numerose formelle con figure di animali a rilievo di ignota provenienza creano un bell’effetto cromatico. Anche il tetto a più falde e l’armonia dei volumi, conferiscono al complesso un aspetto piacevole e imponente.
Il prospetto è arricchito da un nartece a profondo varco in mattoni e tufi, costituito da volta a crociera sorretta da costoloni diagonali e impostata su pilastri. Sulla sinistra della facciata spicca il campanile di stile romanico, quadrangolare, poco slanciato, con quattro bifore a doppie colonnine. La chiesa è a croce latina con navata centrale e navatelle più basse, spartite da un doppio ordine di cinque arcate con pilastri ove si impostano archi a tutto sesto sul lato destro, ed archi ogivali sul lato sinistro. L’anomalia delle arcate è dovuta quasi certamente al crollo del lato sinistro della chiesa.
In origine la chiesa era ricca di pregevoli affreschi del XIV secolo raffiguranti storie del vecchio e nuovo testamento e figure di Santi.I recenti restauri hanno fatto rinvenire colore e splendore agli affreschi non ancora perduti.
La parete destra della navata centrale è decorata interamente da un ciclo di affreschi raffiguranti scene della Genesi. Queste scene sono realizzate su due fasce orizzontali che si prolungano per tutta l'estensione della parete. Narrano la creazione del mondo e dell'universo, la creazione di Adamo ed Eva, il peccato originale, la storia di Caino e Abele con l’uccisione di Abele, di Noè di Abramo fino a Giacobbe e Giuseppe, il martirio di S. Simone, la Torre di Babele ed altre scene bibliche. Alcune scene sono meno leggibili all'osservatore profano, perché molto deteriorate.
La parete sinistra, rifatta probabilmente a seguito di un crollo, è invece nuda ma doveva raffigurare scene del nuovo testamento. Sono sopravvissute solo due scene. Nei timpani disposti tra gli archi sono raffigurate figure di profeti con artigli, mentre nei sottarchi si snoda una vasta teoria di anacoreti orientali. Sui pilastri sono rappresentati i Santi del calendario occidentale dal lato della navata centrale e Santi del calendario orientale, sul versante della navatella laterale. Vi si può ammirare particolarmente un bellissimo San Sebastiano Martire.
Nell'absidiola della navatella sinistra è rappresentato un volto di Cristo Pantocratore sormontato da un agnello immolato, in piedi, secondo la visione dell'Apocalisse. Sullo stesso lato, affrescato sul pilastro dell'arco trionfale. troviamo la figura ieratica di San Giovanni Crisostomo. Gli affreschi in genere possono essere datati al XIII-XIV secolo. Sono certamente posteriori invece gli affreschi raffiguranti i santi occidentali.